L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della donna istituita nel 1907 a Stoccolma, in occasione del Quinto Congresso della Seconda Internazionale Socialista. È una ricorrenza che nasce per ricordare le lotte e le conquiste delle donne in ambito politico, sociale ed economico.
La festa della donna ha origine nei movimenti socialisti e femministi che si svilupparono tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in particolare negli Stati Uniti e in Europa.
Oltre ai giorni dell’Internazionale Socialista, il primo evento che si può considerare l’antesignano della festa della donna fu il Woman’s Day, organizzato il 28 febbraio 1909 a New York per rivendicare il diritto di voto e il miglioramento delle condizioni di lavoro femminili. Nel 1910, a Copenaghen, la leader socialista tedesca Clara Zetkin propose di istituire una giornata internazionale delle donne, da celebrare ogni anno in una data diversa in ogni paese. L’anno successivo, la prima Giornata Internazionale delle Donne fu festeggiata in diverse nazioni europee. Il 25 marzo 1911, un tragico incendio nella fabbrica tessile Triangle di New York causò la morte di 146 lavoratrici, in gran parte immigrate. In Russia, nel pieno della Grande Guerra, l’8 marzo 1917 le donne scesero in piazza per protestare contro il regime zarista e chiedere la ritirata dell’esercito dal conflitto. Secondo molti, quell’avvenimento fu la scintilla che fece scoppiare la Rivoluzione Bolscevica. Solo nel 1977 l’ONU riconobbe ufficialmente l’8 marzo come Giornata Internazionale per i diritti delle donne e la pace internazionale.
Non tutte le nazioni del mondo celebrano questa giornata, per motivi religiosi, politici, ideologici e culturali:
• L’Afghanistan, l’Algeria, l’Arabia Saudita, l’Azerbaigian, il Bahrain, l‘Iran e gli Emirati Arabi Uniti sono paesi a maggioranza musulmana, e in alcuni di questi si applica la sharia, la legge islamica, che limita fortemente i diritti e le libertà delle donne.
• La Cina, la Corea del Nord, il Vietnam e la Mongolia non riconoscono le ricorrenze internazionali promosse dall’ONU o da altri organismi occidentali.
• Il Buthan e la Cambogia, la cui religione ufficiale è il buddismo, assegnano alle donne un ruolo subalterno e domestico.
• Alcuni stati del continente africano, come il Sudan, la Somalia, l’Eritrea e il Ciad, segnati da conflitti, povertà, instabilità politica e violazioni dei diritti umani, non prevedono leggi che tutelino le donne da violenze ricorrenti in quelle aree geografiche, soprattutto la mutilazione genitale.
In questi paesi, le donne devono affrontare molte sfide e difficoltà per affermare la loro dignità, la loro autonomia e la loro partecipazione alla vita sociale, economica e politica.
Un altro grane ostacolo che le donne devono sormontare è quello della violenza di genere: secondo l’OMS, una donna su tre nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale da parte di un partner intimo o di un’altra persona nel corso della sua vita.
Non meno importante è la disparità di genere: secondo lo studio condotto dal World Economic Forum, l’indice globale di parità di genere si è attestato al 68,4%, il che significa che il divario è colmato solo in media per i due terzi. L’Italia si colloca al 79esimo posto nella classifica mondiale.
Ad ostacolare l’emancipazione femminile esistono delle leggi obsolete: in Arabia Saudita vige il divieto di guidare la macchina, lavorare, studiare, sposarsi o divorziare senza il permesso di un tutore maschile. Stessa sorte spetta alle donne iraniane, che in pubblico sono obbligate ad indossare il velo islamico e non possono uscire di casa senza il consenso del marito.
Un caso curioso e altrettanto deplorevole è quello della Cina e delle cosiddette spose fantasma. Questa macabra usanza consiste nel seppellire una donna morta insieme a un uomo defunto, per garantirgli una compagna nell’aldilà. Questa credenza comporta il rapimento, la vendita e l’uccisione di molte donne, soprattutto nelle zone rurali.
In India esiste ancora la pratica del “sati“, un rito che prevede di bruciare una vedova sulla pira del marito, per dimostrare la sua fedeltà e la sua purezza. Questa pratica è proibita dal governo, tuttavia ci sono alcune regioni di questo immenso stato dove si registrano ancora dei casi, spesso con la complicità delle famiglie e della comunità locale.
In Pakistan gli uomini che sono stati “disonorati” dalla propria moglie ricorrono al crimine d’onore, uccidendo la propria consorte senza gravi conseguenze penali.
Le donne della Papua Nuova Guinea sono spesso vittime di violenze domestiche e sessuali, a causa di un’antica credenza che le condanna all’accusa di essere streghe, responsabili di disgrazie, malattie o morti. Queste teorie portano a torture, mutilazioni o omicidi, che vengono pacificamente accettati da famiglie e società civile.
A distanza di quasi 120 anni, l’8 marzo è una data più che mai fondamentale per il cammino verso la conquista dei diritti civili e sociali. Infatti, nonostante gli enormi progressi, esistono ancora molte disparità tra uomo e donna: la parità salariale è ancora lontana, la violenza di genere è una pratica ancora diffusa in alcuni paesi e un comportamento giusto in altri.
Non la celebrazione del sesso femminile in quanto tale, ma un invito a riflettere sulle lotte passate, sulle conquiste sociali ottenute e sulle discriminazioni ancora esistenti.
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